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I RAPPORTI DI FAMIGLIA


IL REGIME PATRIMONIALE TRA CONIUGI

La  legge  del  19/05/1975  n.151  ha  riformato  radicalmente  il  diritto  di  famiglia  capovolgendo  la  disciplina giuridica del regime patrimoniale tra i coniugi. Infatti, mentre con il testo originario del codice il regime patrimoniale legale (applicabile cioé in mancanza di dichiarazione contraria  da parte  dei  coniugi)  era quello della  “separazione  dei  beni”,  con  la riforma il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell’Art. 162 c.c., è costituito dalla “comunione dei beni”.

A seguire un riassunto dei beni che entrano nella comunione e quelli invece che ne sono esclusi, restando di pertinenza esclusiva di ciascuno dei coniugi.

Secondo l’Art. 177 c.c. costituiscono oggetto della comunione:

1)   gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali come descritto nell’articolo 179 c.c.;
2)  i  frutti  dei  beni  propri  di  ciascuno  dei  coniugi,  percepiti  e  non  consumati  allo  scioglimento  della comunione;
3) i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi, se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
4)  le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.

Pertanto i redditi personali di ciascuno dei coniugi, intesi sia come frutti dei beni propri (es. canoni di locazione), sia come proventi della loro attività separata, o “vengono spesi” e quindi non ci sono più, o “vengono investiti” ed allora i beni acquistati cadono automaticamente in comunione, o “vengono risparmiati” ed anche in questo caso entreranno in comunione ed andranno divisi in caso di scioglimento delle comunione stessa.

Non costituiscono oggetto della comunione:

1)   i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto di godimento;
2)   i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
3)   i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
4)   i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione;
5)  i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
6)   i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni  personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

L’acquisto dei beni immobili, o dei beni mobili elencati nell’Art. 2683 c.c. effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.

L’Art. 184 c.c. precisa poi che “gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge, e da questo non convalidati, sono annullabili se riguardano beni immobili o mobili. L’azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell’atto e, in ogni caso, entro un anno dalla data di trascrizione”.

BREVI CENNI SUL DIVORZIO

Il divorzio può essere chiesto soltanto nei casi previsti dall’Art. 3 della legge n.898/1970; l’ipotesi statisticamente più frequente è rappresentata dalla separazione personale dei coniugi protrattasi ininterrottamente per almeno tre anni.
Deve  però  trattarsi  di  una  separazione  giudiziale  o  di  una  separazione  consensuale  omologata  dal  giudice, essendo invece irrilevante la semplice separazione di fatto.

Le altre cause che rendono ammissibile il divorzio sono:

1)   la condanna di un coniuge all’ergastolo o ad una pena detentiva superiore a quindici anni;
2)   la condanna a pena detentiva per il delitto di incesto o per i delitti di violenza carnale, di atti di libidine commessi a danno  di  un discendente o figlio adottivo,  ovvero per  induzione del  coniuge  o  di un discendente alla prostituzione;
3)   la condanna per omicidio volontario o tentato omicidio in danno di un discendente o del coniuge e la condanna per lesioni o maltrattamenti in famiglia;
4)   l’annullamento del matrimonio o il divorzio ottenuti all’estero dal coniuge straniero che si sia risposato;
5)   la mancata consumazione del matrimonio.

Con la sentenza di divorzio il Tribunale dispone, tenuto conto delle condizioni economiche dei conigi e delle ragioni  della  decisione,  l’obbligo  per  uno  dei  coniugi  di  corrispondere  all’altro  un  assegno  periodico,  in proporzione alle proprie sostanze e ai propri redditi, assegno per la cui determinazione il giudice deve tener conto del contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di entrambi.


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